Un classico della letteratura universale, un libro di viaggio e avventure, un reportage su usi e costumi di paesi misteriosi e leggendari, una rassegna antropologica che misura tutte le differenze dei comportamenti umani, dalla civiltà più raffinata, saggia e sfarzosa, alla barbarie. In occasione delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Marco Polo, la Marsilio Editori pubblica una nuova edizione della celebre opera del viaggiatore veneziano, dal titolo Il Milione. La descrizione dettagliata del mondo, in una nuova traduzione che prende il via dal codice fr. 1116 della Bibliothèque Nationale de France, considerato dagli studiosi il più puro, il più vicino a ciò che effettivamente Marco disse a Rustichello.
Il Milione di Marco Polo è un classico fatto di molti libri. In esso si ritrova, nero su bianco, tutto ciò che attira l’occhio di Marco Polo (e quindi del lettore), da un fatto meraviglioso all’altro si susseguono con tale incisiva rapidità, con tale fulminea concentrazione della narrazione, che è proprio questa palpitante densità a produrre nel lettore quella famosa e insuperata sensazione di meraviglia, di stupore, di incanto – non meno delle fiabe delle Mille e una notte – che, fin dal Medioevo, colpisce immediatamente chi ne sfoglia le pagine.
Con questa nuova traduzione, si cerca di recuperare quella brezza marina, quello spirito avventuroso che sempre chi inizia la lettura di questo libro deve sentire accarezzargli le orecchie man mano che legge. Il lettore viene quindi invitato ad imbarcarsi nel viaggio con tutti i canali sensoriali aperti.
Per realizzare queste potenzialità anche la lingua deve essere mobile, all’occasione succinta o sfarzosa ma sempre flessibile, snella come un vascello che corra rapido, o una carovana dalle ore contate, vista la limitatezza delle provviste. E il traduttore, Giordano Tedoldi, crede di aver, per quanto possibile, ripristinato alla lingua di questo classico l’eccitazione, il fremito, tutta la potenza del racconto orale favoloso, degli imperi sconfinati, e, in mezzo a tutto questo, dell’uomo singolo, Marco, che, fin da ragazzo alla corte del Gran Khan mongolo, reagisce a quelle incredibili esperienze con un resoconto che è argento vivo, e non sermone, omelia, stratificazione erudita.